Correva l’anno 1996, ero appena tornato da Cannes. Incontro una signora, che mi chiede: “Com’è il film di Valeria Marini?” Comprendo l’errore del “di” al posto del “con”. Sono tuttora molti coloro che attribuiscono agli attori la paternità della regia e talvolta non hanno torto. Basti pensare all’80 per cento dei film con Totò, classici della comicità, in cui al regista era sufficiente piazzare la macchina da presa e dare il via. Al resto ci pensava l’attore. Nella fattispecie, però, non riuscivo a capire di che film stesse parlando la signora. Un film con la Marini a Cannes? Bah…, non mi risultava neppure che ne avesse interpretato uno: le sue “comparsate” in Crack, Gole ruggenti e Abbronzatissimi 2 mi erano totalmente sfuggite.
In realtà non si trattava di un’allucinazione. La Marini era stata a Cannes; ma non come interprete di un film presente al festival, bensì per promuovere con la sua presenza un film ancora in preparazione, di cui la popolare showgirl sarebbe stata la protagonista: Bambola di Bigas Luna, finito poi nelle “notti veneziane” col risultato che sappiamo. Né mi sento di rimproverare la signora per non avere capito che cosa ci stesse a fare la Marini sulla Croisette. “I film in televisione si vedono sgangheratamente” soleva dire Fellini; tanto più – aggiungo io – le cronache festivaliere mandate in onda dalla tv. E tuttavia non riesco a liberarmi dal sospetto che in quel preciso giorno, in cui la Marini deambulava per Cannes, quello fosse l’evento principale del festival, e, come tale, recepito dalla forse non tanto distratta signora.
Perché ho raccontato questo aneddoto? Perché continuo a chiedermi cosa realmente capiscano di un festival i telespettatori, specie da quando l’analisi dei film presentati è pressoché scomparsa ed è rimasta solo la cronaca spicciola. Quello del fantomatico Bambola sarà un caso estremo, ma quante volte abbiamo visto la tv concentrarsi su episodi collaterali di passaggio, puramente promozionali, di film in corso di realizzazione, o presentati al mercato, o proiettati in proiezioni speciali, trascurando, o addirittura ignorando, i film ufficialmente in programma?
Dico questo perché non vorrei che Cannes 2003 si trasformasse nel festival di Matrix Reloaded, presentato fuori concorso, un film che sta usufruendo ovunque di una pubblicità massacrante, veramente globale. Col valore aggiunto, per quanto concerne l’Italia, della presenza nel cast di Monica Bellucci, eletta oltretutto “maestra di cerimonie”. Intendiamoci: il film dei fratelli Wachowsky sarà bellissimo, almeno me lo auguro. Ma vorrei che, in partenza, godesse della stessa promozione mediatica del film turco Uzak dell’a noi ignoto Nuri Bilge Ceylan. Non vorrei che i festival, a causa della tv (e non solo della tv), si trasformassero nella orwelliana fattoria degli animali, dove tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri. Non vorrei, ma so che si tratta di un desiderio utopico.
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