Un forum sul futuro del Festival del film di Roma è stato promosso da Franco Rina, direttore di CinemadaMare, il festival che dura da fine giugno fino alla prima settimana di settembre e si svolge in 10 regioni dove i giovani filmmaker (100 artisti) girano i loro film sulle location delle città che li ospitano insieme a maestri del cinema italiano e internazionale.
Ad aprire il confronto, alla Città dell’Altra Economia di Testaccio, è lo stesso Rina che suggerisce alcuni spunti di riflessione sul prima e sul dopo Festival che necessita, secondo lui, di alcune correzioni guardando ai talenti emergenti. “Perché non pensare a una sezione dedicata alle sceneggiature nonché a premi che favoriscano la distribuzione dei film di qualità presentati?”.
Mario Sesti, che durante le direzioni di Detassis e di Rondi ha curato la sezione prima chiamata ‘Extra’ poi ‘L’Altro Cinema’, difende l’identità del Festival ricordando i numeri delle presenze, da 80 a 100mila persone che frequentano l’Auditorium. “Non c’è stato niente di simile dai tempi dell’Estate romana. Si tratta di un momento straordinariamente popolare e l’obiettivo prossimo è portare sempre più gente al cinema”. Per Sesti il futuro è allora quello di una grande festa del cinema con sezioni laterali di qualità e prestigio come Extra e Alice nella città. E non vanno dimenticati gli incontri e le master class con registi e attori che oltre a far parte del programma del festival, costituiscono il cuore di quelle attività permanenti che la Fondazione cinema dovrebbe promuovere durante l’anno.
Per Umberto Croppi, assessore alla Cultura durante la giunta Alemanno e tre edizioni del Festival di Roma, va ripensata innanzitutto la governance del Festival, perché la scelta del direttore artistico e del piano editoriale è tutta nelle mani del presidente. Durante la direzione di Marco Muller si è rimediato grazie al presidente Paolo Ferrari che ha ceduto alcune ‘deleghe’ al direttore. Inoltre Croppi, che è favorevole a incentivare The Business Street, auspica che la kermesse cinematografica si articoli nella città con il coinvolgimento delle sale, prolungando così la fruizione dell’evento.
Giorgio De Vincenti, docente di Estetica cinematografica all’Università di Roma Tre, condivide le riflessioni di Sesti sull’importanza di fidelizzare un pubblico, soprattutto giovane, al festival e dunque al cinema consumato in sala. Ritiene perciò fondamentale garantire al Festival risorse economiche sufficienti – “Dobbiamo riprenderci la funzione decisionale” – rovesciando la logica dei tagli per di più in un contesto come quello romano, inquinato da scandali e ruberie, ma anche nazionale, segnato dallo sperpero di denaro pubblico in progetti che De Vincenti considera inutili, dall’Alta velocità all’Expò.
In chiusura Luca Scivoletto, rappresentante dell’associazione dei 100 autori, chiede che le categorie del cinema vengano coinvolte sul futuro della manifestazione romana, mettendo fine una volta per tutte alle polemiche con la Mostra di Venezia e il TFF. E Scivoletto vorrebbe che la serialità televisiva che ha cominciato ad affacciarsi al Festival, diventasse una sezione essenziale con importanti anteprime, favorendo così quella fusione o integrazione con il Festival della fiction di cui da tempo si parla. Quanto a The Business Street la proposta è quella di renderlo più vitale grazie a eventi formativi.
In attesa di conoscere la nuova governance del Festival, prevista tra fine dicembre e inizio gennaio, dal forum sono comunque emersi dei necessari aggiustamenti a un Festival che viene ritenuto una grande opportunità che ora potrà contare su un finanziamento consistente del MiBACT, oltre a un investimento del MISE su The Business Street.
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