Dalla Polonia alla Sardegna, e ritorno. Da allieva a maestra. Il percorso di Ewa Benesz – attrice, regista, pedagoga – affonda le radici nella lezione di uno dei più grandi teatranti del secolo scorso, Jerzy Grotowski che con il suo Teatr Laboratorium ci ha insegnato che “recitare è un cammino verso la vita”. Testimone di un irripetibile modo di fare arte performativa, il Parateatro, l’artista è protagonista di Ewa – The Last Lesson documentario diretto da Federico Savonitto e Andrea Mura, presentato in anteprima al Biografilm Festival 2025 di Bologna.
Formatasi in Polonia tra i pochi allievi diretti del maestro Grotowski, Ewa Benesz è fuggita durante la legge marziale degli anni ’80, per stabilirsi in Italia, dove per oltre quarant’anni ha portato avanti il suo lavoro sull’attore, attirando allievi da tutta Europa e non solo. Alla soglia dei suoi 80 anni, oltre la quale ha deciso di interrompere il suo lavoro, l’artista è pronta a tornare nel suo Paese d’origine, abbandonando definitivamente la sua casa di campagna in Sardegna, ai piedi del Monte Porceddus, dove per trent’anni ha realizzato il sogno di una vita “povera”, vivendo senza elettricità e senza comodità. Un addio ai luoghi, ma soprattutto alle persone che l’hanno accolta e a cui lei ha dedicato il suo tempo, la sua conoscenza, la sua passione e il suo inimitabile talento.
“L’ultima lezione a cui si riferisce il titolo evoca l’incombere di un tempo in cui è necessario fare i conti con il proprio lascito, se si è stati una figura del calibro di Ewa, in grado di attraversare varie epoche mantenendo sempre una grande coerenza. – dichiarano i registi Federico Savonitto e Andrea Mura – Ewa rappresenta un modo di stare al mondo in via di estinzione, che vede la vita come un’occasione per lasciare il segno, da un punto di vista politico e umano. Nel film raccontiamo il modo in cui Ewa ha saputo incarnare il pensiero del suo maestro Grotowski, vivendo nell’essenzialità più estrema, insegnando a sua volta come trovare quel sé più autentico, al di là della quotidianità, attraverso l’esempio. Ci siamo interrogati a lungo su come fosse possibile esprimere attraverso il linguaggio cinematografico quel tipo di insegnamento così sottile e invisibile, trovando maggiore motivazione nel fatto che fosse appunto l’ultima volta che sarebbe stato possibile”.
Il documentario si muove tra immagini d’archivio e presente, tra la quotidiana vita spartana di Ewa e la sua attività di insegnante, come si vede nelle lunghe sequenze al Circolo Arci Tavola Tonda di Palermo, dove riesce a sbloccare le emozioni dei suoi allievi in un modo inaspettato e potente. “Il momento tutto particolare della vita di Ewa Benesz ci ha offerto l’occasione unica per uno sguardo retrospettivo sulla sua intera vita, attraverso il racconto del presente. Ci piaceva l’idea di fare emergere le sue collaborazioni con personalità straordinarie e le sue esperienze più interiori attraverso incontri e viaggi del giorno d’oggi. Ci siamo adoperati per trovare una forma cinematografica per fare emergere l’essenza invisibile del suo lavoro” aggiungono i registi.
Consapevole di muoversi nel confine sottile tra arte, psicologia e spiritualità, Ewa Benesz è stata una guida preziosa per migliaia di studenti nel corso degli anni. Una persona che ha dedicato tutta se stessa al raggiungimento di un senso artistico profondo. “Trovo l’amore nella poesia e nel mio lavoro” afferma nel film, consapevole più che mai della sua missione di vita, che oggi, dopo oltre quattro decenni, può dirsi conclusa. È il tempo di riposare. Il tempo di dirsi addio.
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