Elena Sofia Ricci: padrona di casa a Cinecittà

Tra gli interpreti del campione d'incassi Diamanti e nella commedia hollywoodiana Un altro piccolo favore, Elena Sofia Ricci condurrà al fianco di Mika la cerimonia dei 70mi David di Donatello


Tra gli attori e le attrici italiane, esiste da sempre un legame speciale con Cinecittà: è la casa madre del nostro cinema, il luogo dove si formano le identità artistiche e si sedimenta la memoria collettiva del mestiere. Un vincolo simbolico e concreto, fatto di scene vissute, sogni incarnati, ore di attesa e passione. Cinecittà è stata e resta il grembo creativo da cui passa, prima o poi, chiunque faccia davvero cinema in Italia.

Connessioni

Elena Sofia Ricci (nata Barucchieri) ne è un esempio vivido, interprete di una continuità che attraversa le generazioni e restituisce senso al legame tra interprete e luogo, tra arte e artigianato. Oggi questo intreccio torna a rinsaldarsi in due occasioni significative: l’uscita del film Un altro piccolo favore, girato anche negli studi di Cinecittà, e la sua presenza, il 7 maggio, come conduttrice dei David di Donatello proprio da questa  casa madre simbolica del nostro cinema.

Non è solo una sovrapposizione di date o coincidenze, ma la conferma di un rapporto profondo che una delle attrici italiane più amate e popolari in assoluto intrattiene con il centro nevralgico della settima arte “made in Italy”.

Il cinema nel destino

Il debutto ufficiale di Elena Sofia Ricci nel cinema risale al 1983, con Za Za, piccolo schiavo d’amore, ma è nel 1985 che comincia a farsi notare davvero, grazie a Impiegati di Pupi Avati. E un paio d’anni dopo la consacrazione  con Io e mia sorella di Carlo Verdone che la sceglie per un ruolo di donna intensa e spiazzante. Arrivano sua il David di Donatello che il Nastro d’Argento come miglior attrice non protagonista. Da lì in poi, la sua ascesa è costante.

Alternando commedia e dramma con la stessa naturalezza, si impone come volto ricercato del nostro cinema d’autore. Tra i titoli più significativi: Ne parliamo lunedì (1989), In nome del popolo sovrano (1990) di Luigi Magni, e Io non ho paura (2003) di Gabriele Salvatores. Un percorso che, già nei primi decenni, mostrava l’ampiezza del suo registro e la profondità della sua sensibilità.

Figlia di una scenografa e docente universitaria di storia dell’arte è cresciuta fin da bambina sui set, Elena Sofia Ricci non è diventata attrice per caso, ma per immersione naturale in un mondo che ha imparato ad amare prima ancora di comprenderlo. Una passione nata per osmosi, si può dire. E stimolata ulteriormente dall’ambiente artistico che anche attraverso il padre, scultore, Paolo Bucchieri ha potuto vivere sin dall’infanzia.

Il cinema, per lei, non è stato solo una scelta, ma un destino e una destinazione. Un’educazione sentimentale fatta di luci, movimenti silenziosi, attese nei corridoi e parole sussurrate dietro le quinte. Una traiettoria coerente  fatta di scelte ponderate, trasformazioni autentiche e fedeltà a un mestiere che Ricci abita con rigore e grazia.

Elena Sofia Ricci non si è mai lasciata rinchiudere in una definizione. Attrice di cinema, certo. Di teatro, con intensità. Di televisione, con grande seguito popolare. Ma sempre, anche nei ruoli più leggeri, è riuscita a lasciare un’impronta marcata. In oltre quarant’anni di carriera ha attraversato generi, epoche, autori, con una misura tutta sua: mai manierata, mai compiaciuta, sempre capace di trovare la crepa, la vibrazione sottile che rende un personaggio vivo.

Dal cinema d’autore degli anni Ottanta – con registi come Pupi Avati (Impiegati), Ettore Scola (Che ora è?) o Francesca Archibugi – fino ai ruoli più recenti, come quello intenso e doloroso in Loro di Paolo Sorrentino, Sofia Ricci ha saputo crescere senza mai tradire le sue origini. L’arte dell’attore, per lei, è fatta di ascolto e di trasformazione. Una forma di artigianato preciso, che non ha mai cercato lo strappo, bensì l’incisione.

Cinecittà come casa e come specchio

Nel film Un altro piccolo favore, una commedia tesa, elegante, piena di ambiguità, l’attrice si muove con sicurezza in una dimensione contemporanea che richiama certi modelli internazionali, pur mantenendo una specificità tutta italiana. Alcune scene sono state girate proprio a Cinecittà, un ritorno a casa. Una casa che è, insieme, luogo del sogno e del mestiere, dell’illusione e della fatica.

Non è la prima volta che Ricci incrocia le strade di Cinecittà, ma il fatto che oggi sia lei a condurre la cerimonia dei David proprio da lì – simbolo di un’industria in trasformazione, di una memoria da proteggere e di un futuro da immaginare – ha un valore emblematico. È una padrona di casa perfetta, perché non è solo portatrice sana di glamour, ma anche di profonda consapevolezza. La coscienza di chi conosce il mestiere da dentro, che ne ha vissuto lo scintillio delle luci e la densità delle ombre.

Diamante Ricci

In ogni sua interpretazione, che sia al cinema, in teatro o in televisione, Elena Sofia Ricci porta con sé una forza mai arrogante, una profondità che non ha bisogno di proclami. È questa la cifra che ha attraversato i decenni della sua carriera: la capacità di farsi spazio senza clamore, di trasformare anche la fragilità in dignità scenica con quel suo sguardo mobile ed altamente espressivo, quella voce che sa farsi scura o ironica.

E in un tempo in cui tutto è esibito, mostrato, amplificato, questa sua attitudine e questo suo talento  hanno la potenza di una dichiarazione d’intenti. Nel suo modo di vivere i personaggi si riconosce una rara capacità di non giudicare. Anche quando interpreta donne contraddittorie, irrisolte, Elena Sofia Ricci le accompagna con uno sguardo umano, mai indulgente ma sempre giusto.

E la critica l’ha premiata come merita. Ha collezionato un ventaglio enorme di riconoscimenti che testimoniano la solidità del suo talento e la varietà delle sue scelte. Una carriera sfaccettata e di valore come un diamante purissimo.

Tre David di Donatello, quattro Nastri d’Argento, tre Ciak d’Oro, un Globo d’Oro: premi che si affiancano a quelli intitolati a figure leggendarie come Virna Lisi e Anna Magnani. Ognuno di questi riconoscimenti non ha fatto che restituire luce a un percorso ricco di intensità e rigore che negli ultimi anni ha trovato ulteriore compimento nel matrimonio professionale con Ferzan Ozpetek che l’ha diretta in Mine vaganti , Allacciate le cinture e soprattutto  all’ultimo Diamanti, un successo eclatante.

Molto più di una cerimonia

Accanto ai ruoli, ci sono le battaglie interiori, i dolori mai nascosti, le verità scomode che ha scelto di condividere pubblicamente solo in età adulta. Le sue parole sulla violenza subita da bambina, raccontate per dare forza a chi ha vissuto lo stesso trauma, sono parte integrante della sua autorevolezza. Non solo un’interprete, ma una figura pubblica che sceglie la responsabilità.

Il 7 maggio, a Cinecittà, Ricci tornerà alla casa madre. E non lo farà sola, ma affiancando Mika alla conduzione dei David di Donatello, dentro lo storico Teatro 5, là dove Fellini girava e dove ancora si respira cinema. Sarà molto più di una cerimonia: sarà il compimento visibile di un percorso che unisce generazioni, mestieri e memorie.

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04 Maggio 2025

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