Dedico la Palma agli italiani che ancora s’indignano


CANNES. “Dedico questa Palma a quegli italiani che ancora hanno la forza di combattere, protestare e anche di indignarsi”, così intervistato dal Tg1 il regista Bernardo Bertolucci che riceverà, nella serata di apertura del festival, la Palma d’oro alla carriera, dalle mani del presidente della giuria Robert De Niro. “Chissà se Bob dirà qualche parola è sempre così laconico. Ricordo la fatica delle sue interviste al tempo di Novecento“. Un Bertolucci ironico di fronte alla stampa e soprattutto contento di ricevere quel riconoscimento che non ha avuto le due volte che è stato in competizione a Cannes ma solo sfiorato con La tragedia di un uomo ridicolo (1981) che valse il premio del miglior attore a Ugo Tognazzi.

 

“Portai fuori concorso Novecento, film in due atti, lungo cinque ore, e il presidente della giuria di allora Costa-Gavras mi chiese perché non fosse in competizione e che l’avrebbe voluto premiare. Questa Palma che oggi ricevo è importante perché non è appunto una giuria che me l’assegna ma il Festival all’insieme della mia opera, al film della mia vita. Ricordo che Prima della rivoluzione, presentato qui nel 1964 alla Semaine, venne magnificato dalla critica francese e ucciso da quella italiana”.
Con sé sulla Croisette il regista parmense ha portato Il conformista film diretto nel 1970 e tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, storia di un giovane professore di filosofia in cerca di normalità che negli anni della dittatura fascista ne diventa complice, collaborando con l’Ovra, la polizia segreta fascista, all’uccisione del suo vecchio insegnante all’università, esule politico in Francia.
“Il protagonista Jean-Louis Trintignant vuole diventare fascista come tutti gli altri. Grazie alla Cineteca di Bologna Il conformista è stato restaurato, anche se sarei più io ad avere bisogno di qualche restauro”.

E scherza ancora sulla sua immobilità, che lo costringe a muoversi grazie a una sedia a rotelle, “in fondo i miei movimenti sono un po’ simili a quelli di un dolly che tanto ho usato nei miei film, e forse sono stato punito”. E torna a parlare del suo prossimo progetto tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti “Io e te”, alla cui sceneggiatura sta lavorando con lo scrittore e con Umberto Contarello e che sarà prodotto  da Mario Gianani e dalla Fiction Cinematografica.
“Lo voglio girare in 3D, sono infatti rimasto affascinato da Avatar. Mi sono chiesto come mai questa straordinaria tecnologia sia utilizzata esclusivamente per il genere horror o fantascientifico. Quali meravigliose opere avrebbero realizzato Fellini o Bergman se avessero lavorato in 3D. E dopo aver visto il film di Wim Wenders sulla danzatrice Pina Bausch, ho deciso di sperimentare questo nuovo mezzo cinematografico per una storia tutta ambientata in uno scantinato”. Il tema affrontato è infatti quello di un ragazzo chiuso nelle viscere di un palazzo, deciso a passare una settimana in solitudine tra i libri che predilige e bottiglie di Coca Cola. Settimana che invece sarà trasformata in qualcosa di molto diverso con l’arrivo di una giovane, Olivia.

In chiusura Bertolucci ha parole di apprezzamento verso il cinema italiano che attraversa un buon momento, in particolare per Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, definito “un incredibile visionario”, e per Emanuele Crialese. “In passato il neorealismo poneva al centro della sua ricerca estetica il reale e il sociale. La novità, che viene invece da questi registi, è l’ambizione di lavorare sulla struttura, sul linguaggio filmico, come se si ponessero la domanda di un tempo del terocio Bazin: che cosa è il cinema”.

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