Dall’Argentina ‘El Jockey’ commedia con retrogusto queer

Prodotto, tra gli altri, da Benicio Del Toro, arriva in concorso dall'Argentina 'El Jockey' di Luis Ortega, commedia visionaria con Nahuel Pérez Biscayart e Ursula Corbero


VENEZIA – Prodotto, tra gli altri, da Benicio Del Toro, arriva in concorso dall’Argentina El Jockey di Luis Ortega, commedia visionaria e adrenalinica dalle venature queer (il film è in lizza anche per il Queer Lion). Remo Manfredini è un fantino dalle doti eccezionali ma che sta vivendo un momento buio, è dipendente dalle droghe e dall’alcol, intontito la maggior parte del tempo, tutto questo mentre la fidanzata Abril, anche lei fantina, è rimasta incinta. Il rapporto tra i due sembra vacillare, anche per la presenza invadente di un trio di malavitosi guidati dal boss Sirena che gestiscono i cavalli da corsa e per i quali Manfredini è una fonte di guadagno irrinunciabile. Così, quando lui ha un terribile incidente, e perde memoria e identità, lo cercano ovunque per le vie di Buenos Aires, dove lui vaga vestito da donna, con una pelliccia rubata in ospedale e la testa fasciata.

“Lo scontro tra il mondo interiore e quello esteriore – afferma il regista – è il campo di battaglia su cui si svolge il film. Tanto più intenso il mondo interiore del personaggio, quanto più violento lo scontro con l’esterno. In cerca della salvezza, il fantino cambierà più volte identità, cercando di raggiungere la libertà grazie all’una o all’altra. Ma sono tutte identità tormentate. Per essere liberi dobbiamo uccidere uno per uno tutti i nostri personaggi, anche se poi tutto ricomincia da capo. Ci si sente unici e speciali, convinti che la nostra sia l’avventura di un individuo, mentre in realtà è un’avventura collettiva. E finché l’umanità non sarà libera, torneremo sempre in vita per sottoporci a quel processo”.

Interpretato da Nahuel Pérez Biscayart (120 battiti al minuto, Lezioni di persiano) dalla fisicità esile e dai tratti femminili, e da Ursula Corbero (La casa di carta), il film – che curiosamente racconta il declino di un “divo”, in questo caso dello sport, così come Maria di Pablo Larrain – può disturbare e divertire allo stesso tempo. Il mondo surreale descritto da Luis Ortega si ispira in parte a incontri reali, in parte a modelli letterari. “Nel 1915 – racconta il regista – Jack London pubblicò Il vagabondo delle stelle, in cui il narratore è sottoposto a torture fisiche così intense da perdere la dimenticanza e ricordare tutte le sue vite passate. Dopo le torture viene condannato a morte, ma nessuno può soffocare la sua immortalità. Quel libro, l’esperienza della paternità e un incontro casuale con un vagabondo che veniva dalla Russia e sosteneva di non pesare neanche un grammo, hanno ispirato il mio film”. Che sarà presto ai festival di Toronto e San Sebastian.

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29 Agosto 2024

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