Mimmo Sannino, ex insegnante ora educatore di strada a Napoli, dedica la sua vita al recupero dei ragazzi in dispersione scolastica, con l’obiettivo di riportarli in aula e aiutarli a conseguire il diploma di terza media. Per farlo, utilizza un mezzo insolito ma potente: l’arte circense. Questa forma d’arte, fatta di sogni, solidarietà e leggerezza, diventa uno strumento di riscatto in un contesto segnato dal degrado sociale e dalla presenza opprimente della camorra.
Tra esercizi sui trampoli, letture de Il Barone Rampante e un sostegno costante, Mimmo riesce a coinvolgere ragazzi come Daniela, che aiuta il padre al banco dei carciofi; Margherita, che ha lasciato la scuola per lavorare come parrucchiera per pochi euro; Ciro, cresciuto senza genitori insieme al fratello; e Bruno, appassionato di parkour e figlio di un boss locale.
Con l’aiuto di Anna, un’assistente sociale che comprende il valore del suo operato, Mimmo prova a ridare speranza a questi giovani, offrendo loro un’alternativa al destino che sembra già scritto. Ma la sua missione non è priva di ostacoli: l’ostilità delle famiglie del quartiere e le pressioni della realtà in cui vivono minacciano il fragile equilibrio creato da Mimmo.
Il coraggio di questi ragazzi, che affrontano il mondo con trampoli, nasi rossi e il sogno di una vita diversa, si scontrerà con le difficoltà di un contesto che non perdona. Tuttavia, tra ostacoli e resistenze, resta viva la possibilità che l’arte e l’educazione possano ancora fare la differenza.
Esce con Medusa Film Criature, intenso film diretto da Cécile Allegra, con Marco D’Amore nel ruolo principale.
Il cast stellare include Marianna Fontana, Maria Esposito, Alessio Gallo, Giuseppe Pirozzi, Antonio Guerra, Ciro Minopoli, Martina Abbate, Catello Buonocore, Vittorio Edet, Gennaro Filippone.
Prodotto da Roberto Sessa e Chiara Grassi, Criature è una produzione Picomedia in associazione con Medusa Film e realizzata in collaborazione con Prime Video.
L’opera è stata resa possibile grazie al contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo e sarà distribuita in sala dal 5 dicembre.
“Per tanti anni – dice la regista – ho girato film che parlavano solo di guerra, di morte e di desolazione. Documentari che tentavano di raccontare l’origine del male, la condizione delle famiglie lacerate da interminabili conflitti.
Dall’Afghanistan a Banda Aceh, dal Darfur al terremoto di Haiti, ho passato anni a correre da un disastro all’altro – finché un mio documentario, Voyage en barbarie ha ricevuto il premio Albert Londres, considerato come il Pulitzer francese.
Un giorno mi venne chiesto di andare a Napoli, nel mezzo della faida di Scampia. Al mio arrivo, in pochissimi giorni, ho sentito che la città conteneva una fonte infinita d’ispirazione, era eruttiva e vitale come il vulcano che si alzava sopra di lei. Ne ho amato gli odori, le grida, i colori, ma soprattutto, le persone: ho passato mesi, anni a seguire il lavoro di una squadra di incorruttibili investigatori della sezione Narcotici artefici della grande indagine dalla quale è stata poi tratta la trama di Gomorra – poi dell’arresto di Raffaele Amato, il capo degli scissionisti di Scampia. Ho seguito le sottili indagini di magistrati capaci di smantellare pezzi interi del potere criminale campano.
Infine ho incontrato diversi educatori di strada, che vedevo darsi anima e corpo al mestiere, camminare per ore nelle strade di Napoli, sostenendo ragazzi giovanissimi già in bilico nelle proprie esistenze perché senza una famiglia, senza la speranza di un futuro. Ogni giorno, li vedevo combattere per ottenere fondi, lavorare con pochi mezzi per riscattare una parte della popolazione. Dalle guerre più lontane sono passata al cuore di una battaglia quotidiana, quella che si gioca per le strade, tra i più umili e disagiati, una battaglia per la vita”.
Quando si parla di Napoli, ci sono sempre due rischi, la “cartolina” e la “fotografia del degrado”, con continuo riferimento alla criminalità.
Così commenta Allegra: “Per me Napoli è diventata questo: un simbolo di resistenza, di resilienza, essenziale per ricomporre l’identità italiana. Quella parte dell’Italia che vedevo da ragazzina nei film di De Sica, Comencini, Loi, mi sono messa a filmarla ed è diventata una parte essenziale della mia vita come regista. Ho girato diversi documentari a Napoli, prima di scrivere Criature. Ho elaborato anno dopo anno una visione artistica, il modo in cui volevo raccontare la città. I miei primi film testimoniano di questa evoluzione: è un cinema già molto vicino ai protagonisti, un cinéma incarné – che tende a girare come attraverso gli occhi del personaggio principale. Sono convinta che sia essenziale ridurre attraverso scelte chiare di regia la distanza tra lo spettatore ed una realtà a lui del tutto estranea per gettare una passerella tra i mondi ed imbarcarlo in un’altra dimensione fisica e temporale.
Per ottenere una recitazione spontanea, scartare il melodramma, abbiamo messo settimane, decostruito e esplorato le emozioni dei singoli personaggi. Era fondamentale «fare banda» – con i ragazzi, condividere con loro musiche, letture, difficoltà ed emozioni, di modo da poter tradurre nel film la forza di quegli adolescenti che riescono a immaginare un futuro.
Nel linguaggio cinematografico, ho prediletto una narrazione in piano sequenza, che ogni giorno preparavamo a lungo con il DOP Valerio Azzali e la seconda camera Marianna Fratantoni: bisognava coreografare i movimenti della camera per «volare» da una battuta ad un’altra. Come in un teatro di posa, tutti gli attori erano pronti ad entrare in scena appena si avvicinava Valerio, e tutti, in realtà, dovevano recitare benissimo… E la seconda camera, spesso nello stesso asse, raccoglieva i dettagli, le variazioni poetiche.
Alcune scene erano così corali e complesse che all’inizio eravamo costretti a girare un Master per capirne meglio le dinamiche. Rapidamente, abbiamo trovato il nostro ritmo: preparazione con gli attori, capendo quando avvicinarci e quando non, quando lasciare uscire gli attori dal campo, quando seguirli – e poi soli 3 o 4 take a scena, perfezionando il legato ogni volta. A volte, non davo lo stop a fine take: e raccoglievo le battute estemporanee degli attori come pietre preziose, tutte inserite nel montaggio. In questo, ho trovato due sparring partner ideali in Marco D’Amore e Maria Esposito, che hanno dimostrato un grande talento per l’improvvisazione”.
Si tratta, insomma, di un cinema di speranza:
“Non volevo versare nel mero dramma sociale ma proporre un cinema popolare, Per questo ho integrato nel film elementi chiave: l’uso della lettura del ‘Barone rampante’ come metafora della fantasia indispensabile alla crescita dei ragazzi – non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo, come diceva Rodari. Ma anche una forte dimensione musicale, che riflette la capacità napoletana a trasformare la storia in canzone, riportata nel film dal talento di Dario Sansone, musicista dei Foja, sorta di Bruce Springsteen dei quartieri, capace di condensare in «I am walking» la perseveranza di un uomo, o in un «Apress’a nuje» il richiamo adolescente alla magia e all’immaginazione.
La storia poi propone un doppio timelock chiaro: la sfida dello spettacolo circense ma soprattutto l’esame di terza media, che determinerà se il protagonista avrà o meno «salvato» dal lavoro precoce e dalla presa criminale la banda dei ragazzi. Nel montaggio abbiamo inserito – come tante porte metaforiche – elementi di realismo magico: un cavallo bianco presente in un cortile, mura popolate da uccellini, un cane a tre zampe che vaga per il quartiere – che indicano allo spettatore il sottilissimo punto di passaggio tra realismo e utopia.
Ed in effetti piano piano, Criature scivola dal western urbano – un uomo solo che circola tra i vicoli, circondato da pericoli invisibili ma che lui percepisce perfettamente – ad una dimensione molto più onirica. Ho provato a farlo diventare un corpo filmico organico, una mia Criatura che alla fine non ha paura, come i ragazzi che ne sono protagonisti, di sfuggire del tutto alla realtà e di restituire la possibilità del sogno come un puro elemento di cinema”.
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