“Coriolano”, guerra e politica secondo Ralph Fiennes


BERLINO – “Se Shakespeare vivesse oggi, farebbe di sicuro lo sceneggiatore”. Opinione largamente condivisa sul Bardo, saccheggiato a destra e a manca da soggettisti e registi, e ribadita oggi a Berlino da Ralph Fiennes, il bravo attore britannico due volte candidato all’Oscar (per Schindler’s List e Il paziente inglese) che debutta nella regia con questo Coriolanus, in concorso alla Berlinale. Rivisitazione in chiave contemporanea di una tragedia “minore” (ma T.S. Eliot, con evidente gusto per l’iperbole, la considerava superiore all’ Amleto) che Fiennes ha trasferito dall’Antica Roma ai giorni nostri in una guerra imprecisata ma dal sapore balcanico, visto che il film è girato a Belgrado: l’ampio uso di breaking news televisive e le battaglie combattute a colpi di armi automatiche, ma c’è anche un corpo a corpo col pugnale, fanno il resto. “Anche prima dell’11 settembre, ma specialmente dopo, le immagini dei telegiornali e le foto sui giornali mi sembrano venire da questa tragedia che mi ossessiona da più di dieci anni, cioè da quando l’ho portata a teatro. Sempre di più mi sono convinto che il mondo contemporaneo fosse il luogo perfetto per questa pièce e poi ho visto ottime versioni contemporanee di Shakespeare, prima fra tutte il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann“, spiega l’attore-regista.

 

In una Roma assediata dalla plebe affamata e minacciata dai Volsci invasori, Caio Marzio Coriolano (lo stesso Fiennes) è un valente generale col corpo ricoperto di cicatrici e medaglie, ma poco incline ad adulare il popolo, il cui sostegno gli sarebbe indispensabile a diventare console. Lui ne farebbe volentieri a meno, ma l’ambiziosa madre Volumnia (Vanessa Redgrave) e il politico amico Menenio Agrippa (Brian Cox) lo spronano. Tuttavia il suo atteggiamento drastico lo porta ad essere messo al bando dall’ingrata patria e l’orgoglioso Coriolano decide di passare al nemico, alleandosi al rivale di sempre, il comandante dei Volsci Tullio Aufidio (Gerard Butler) e arrivando quasi alle porte di Roma. “Tra i due c’è odio ma anche un’immensa ammirazione, si comprendono, si riconoscono l’uno nell’altro, sono entrambi pronti a morire per la patria”, dice Fiennes. Che ha enfatizzato nel film la corrente di erotismo tra i due personaggi, anche grazie alla bellezza virile di Butler (il Leonida di 300). Che dice: “E’ interessante la psicologia di un eroe maschio, mentre William Shakespeare è una straordinaria sfida a confrontarsi con un linguaggio in cui nessuno oggi saprebbe scrivere”. Linguaggio in parte attualizzato dallo sceneggiatore John Logan (Il Gladiatore): “In America, dove spesso i militari hanno occupato posti politici, il Coriolano di Shakespeare è di grandissima attualità”. Mentre per Vanessa Redgrave “quella lingua io la conosco fin dall’infanzia. A 10 o 12 anni leggevamo la Bibbia tradotta in inglese nella stessa epoca di Shakespeare e poi noi attori seguiamo un ritmo interiore e le parole, per quanto siano antiche e desuete, escono dalla nostra bocca come se fossero nostre”. 

E la grande attrice racconta così il personaggio della madre manipolatrice che tiene le fila della vicenda fino a portare Coriolano alla rovina: “Questa donna non è assettata di potere, perché il potere appartiene alla sua famiglia da secoli, piuttosto è disposta a tutto per la sua patria e considera anche suo figlio inseparabile dal suo paese. Preferisce vederlo morire, piuttosto che perdere l’onore. Oggi forse è un sentimento poco diffuso, ma ricordo sempre i miei giovani zii che partirono per la prima guerra mondiale: uno sognava di diventare attore ma morì per la patria ed era quasi una cosa naturale”.

 

In futuro Fiennes potrebbe tornare regista per dirigere un altro testo scespiriano, Antonio e Cleopatra, “una grande storia d’amore scritta in stile cinematografico”.

autore
14 Febbraio 2011

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