Chalamet: “Bob Dylan ci insegna a non darci dei limiti”

Timothée Chalamet, superdivo acclamato a Roma per l'anteprima del biopic di James Mangold sul menestrello di Duluth, 'A Complete Unknown', in uscita il 23 gennaio con The Walt Disney Company


Il giovane Bob Dylan rivive grazie a Timothée Chalamet, superdivo acclamato a Roma per l’anteprima del biopic di James Mangold sul menestrello di Duluth. “Aspetto solo l’endorsement di Francesco Totti per la mia interpretazione”, ha scherzato l’attore 29enne lanciato da Luca Guadagnino che lo scelse per il ruolo di un ragazzo acerbo che si scopre gay in Chiamami col tuo nome. Oggi Chalamet, grande tifoso dell’A.S. Roma, quando gli chiedono se ha gradito l’apprezzamento di Neil Young risponde furbetto che sì, ma più che altro attende quello di Totti.

Nel film di Mangold (Le Mans ’66, Indiana Jones e il quadrante del destino) l’attore americano di origine francese non si tira indietro e affronta un complesso processo di identificazione con il grande cantautore giunto agli onori del Premio Nobel – che non ha ritirato. Tra l’altro interpreta le sue più celebri canzoni, da Blowin’ in the Wind a Like a Rolling Stone, con il verso che dà il titolo alla pellicola. Una scelta controversa ma a nostro avviso vincente, come anche quella di affidare alla voce di Monica Barbaro l’inconfondibile Joan Baez. “Ci sono voluti cinque anni di lavoro e molta fiducia in se stessi, ci siamo spesi al 150%”, afferma Chalamet. E aggiunge: “Non so quali possano essere le lezioni politiche, culturali o sociali del film per i giovani d’oggi. Credo che le nuove generazioni da Bob Dylan possano imparare a non sentirsi mai limitati in niente e ad autocrearsi, proprio come ha fatto lui”. Nato Robert Zimmerman, il grande musicista è stato capace di forgiarsi un’identità nuova, quasi senza passato, come gli viene rimproverato in una scena. “Oggi le sfide sono più difficili perché c’è molto cinismo – continua Chalamet – se qualcuno cerca di fare una canzone politica, tutti alzano gli occhi al cielo. Stiamo sempre incollati ai telefonini. Ma magari qualcuno romperà questo cerchio”.

Basato sul libro Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica (edito in Italia da Vallardi), il film – che dura oltre due ore – si apre a New York, nei primi anni ‘60, quando un giovanissimo cantautore del Minnesota, reduce da una vita nomade e irregolare, arriva nel West Village in una scena musicale in fermento con la sua chitarra e il mito di Woody Guthrie (Scoot McNairy) che incontriamo quando è già paralizzato dalla malattia e inchiodato in un letto d’ospedale. Fa subito amicizia con il cantante folk Pete Seeger (Edward Norton), che un po’ lo adotta. Ammira con una punta di invidia la già famosa Joan Baez (Monica Barbaro), con cui stringerà un rapporto intenso, anche sentimentale, certamente fatto di amore e odio, turbolento ma artisticamente fecondo. Inizia una relazione con la giovane pittrice politicamente molto impegnata Sylvie (Elle Fanning) che lascia e riprende tra silenzi e tradimenti. La narrazione – irrobustita da un repertorio musicale ovviamente straordinario e che viene generosamente messo al servizio del film – si muove tra privato e scelte artistiche fino alla rottura con il folk tradizionale e alla controversa svolta elettrica, senza trascurare i riferimenti alla temperie politica degli anni ’60 con la crisi cubana del ’62 e le lotte degli afroamericani, i venti di guerra e le idee pacifiste largamente condivise dai giovani.

James Mangold sposa la linea Dylan, quella di conservare il mistero sull’essenza della persona e del personaggio. “Tutti inventiamo la nostra vita, enfatizziamo la parte eroica e minimizziamo i fallimenti. Dylan è stato un cantastorie e narratore, quindi più che mai su di lui non c’è una verità assoluta. L’ho incontrato così come ho letto i libri su di lui, trovandoci tante contraddizioni, ho visto i documentari dove le persone parlano con la consapevolezza di essere davanti alla macchina da presa. Invece di cercare la verità, nel film, abbiamo cercato le vibrazioni e il tono di quegli anni. Agli attori ho chiesto di calarsi nei panni di quei personaggi, con gli abiti, la camminata, i gesti, ma anche di curare l’aspetto interiore. Condividere tutto a volte rischia di farci banalizzare le cose che invece devono restare magiche”. Autore di Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line dedicato a Johnny Cash (che in questo film compare in varie scene incarnato da Boyd Holbrook), Mangold aggiunge: “Viviamo in un periodo in cui siamo un po’ anestetizzati, a quei tempi il pubblico voleva essere sorpreso, adesso no, preferisce non essere sfidato”.

Edward Norton si è preparato a incarnare Seeger – anche studiando il banjo – con i video di YouTube. “E’ sorprendente quel che ci trovi, ci sarebbe voluto un anno di lavoro avessimo fatto il film due decenni fa, invece adesso è accessibile qualsiasi cosa, per esempio un suo concerto a Berlino nel ’63”. Monica Barbaro condivide quel che la sua Joan Baez ha detto di recente: “Se cerchi la perfezione perdi la parte interessante”. E spiega “Qui non c’è la biografia, per quello esistono i documentari, sapere di avere la libertà di essere umani è stato fondamentale. Non dovevo parlare in vece di Joan che è viva e parla per se stessa”.

Infine sui roghi che hanno devastato Los Angeles, una riflessione di Mangold: “Tutti noi conosciamo qualcuno che ha perso la propria casa, la propria comunità, tutto. Serviranno anni per riprendersi”.

In uscita il 23 gennaio con The Walt Disney Company.

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17 Gennaio 2025

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