Chacun son Cinéma, requiem per la sala


C’è chi la prende a ridere e chi si lascia andare alla nostalgia, chi assume toni catastrofici e chi preferisce sognare. È proprio vero che ognuno ha il suo cinema, inteso come stile e modo di raccontare. In più ognuno pensa a un cinema diverso, dall’arena estiva alla multisala urbana, dal cinemino in aperta campagna alla videoproiezione di un villaggio del Congo. La scommessa di Gilles Jacob, produrre un film collettivo chiamando 33 grandi cineasti (due sono in coppia, i Dardenne e i Coen) da 25 paesi per celebrare il sessantesimo compleanno del festival, è sostanzialmente vinta. Anche solo il colpo d’occhio della conferenza stampa, con quella folla di maestri seduti uno accanto all’altro come alle Nazioni Unite del cinema, ha qualcosa di memorabile e toccante. Ecco allora l’unico italiano Nanni Moretti, tra i Dardenne e il palestinese Elia Suleiman; l’unica donna Jane Campion con i capelli lunghissimi e ormai argentati e il decano Manoel de Oliveira, che ha quasi gli anni della settima arte o l’apolide Roman Polanski, che si innervosisce e se ne va senza tanti complimenti. Il brasiliano Walter Salles, che ha giocato nel suo episodio sulla distanza tra il suo paese e Cannes (8.944 km), lo dice chiaro e tondo, “il cinema è un’arte collettiva, va fatto e visto tutti insieme”.

Bambini, ciechi, coppie d’innamorati, ladri che agiscono nel buio, omaggi a Mastroianni e Fellini, a Renoir e Truffaut: ci sono tanti elementi ricorrenti in questi piccoli film di tre minuti, che Alejandro Gonzalez Inarritu ha definito “haiku” cinematografici. Un esercizio di stile non banale (e infatti non tutti hanno colpito in pieno l’obiettivo) perché, come dice Konchalovsky, bisogna avere tempo per scrivere una lettera breve. David Cronenberg mette in scena se stesso per mostrare il suicidio dell’ultimo ebreo nell’ultimo cinema del mondo che sta per saltare in aria; De Oliveira si diverte a raccontare l’incontro tra Kruscev (Michel Piccoli) e Papa Giovanni XXIII, uniti dallo stesso ventre tondo; i Coen mandano in un cinema d’essai di Santa Monica, l’Aero, Josh Brolin, cowboy indeciso tra La regle du jeu di Jean Renoir e il film turco Il piacere e l’amore. Jane Campion polemizza con il potere maschile, raccontando come una gentile signora insetto venga schiacciata senza tanti complimenti dall’inserviente di un vecchio cinema addetto alle pulizie. Theo Angelopoulos affida a Jeanne Moreau la memoria di Marcello Mastroianni (L’apicultore). Takeshi Kitano spedisce in sala un contadino, ma la bella giornata sarà una delusione totale con furto di bicicletta compreso. Andrei Konchalosky si commuove con 8 e ½ mentre una coppietta di ragazzi usa la sala buia giusto per amoreggiare e la Coca Cola imperversa sui poster. Ken Loach sceglie l’apologo di un padre che finisce per portare il figlioletto allo stadio nell’imbarazzo tra action movie e commedie senza capo né coda. Wim Wenders, con Medici senza frontiere, ci fa scoprire un “videocinema” in Congo, in una zona devastata da guerre incessanti, dove i bambini sono atterriti da Black Hawk Down. Atom Egoyan incerto tra Vivre sa vie e Giovanna d’Arco dialoga col videotelefonino perché presto i film si vedranno anche lì. O solo lì. Sembra pensare Cronenberg col suo requiem terminale: se il cinema del passato sta morendo, il cinema del futuro, come dice il canadese, non esiste (ancora).

 

In dvd di Chacun son Cinéma sarà in vendita, in Francia, dal 25 maggio.

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20 Maggio 2007

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