Castellitto: la politica dell’attore


Ci sono anche Michel Piccoli e Marco Bellocchio tra gli “allievi” della lezione di Sergio Castellitto, il primo di tre appuntamenti qui al festival che proseguiranno con Howard Shore (il musicista di David Cronenberg) e Martin Scorsese. Thierry Frémaux introduce l’incontro giurando che “il festival ama l’Italia” – e quest’anno c’è proprio bisogno di ribadirlo – e ricordando che l’attore è stato almeno nove volte sulla Croisette. La prima con La famiglia di Ettore Scola. “”Era il 1987, salivo la scalinata del Palais in seconda fila, dietro a star come Vittorio Gassman, Fanny Ardant, Stefania Sandrelli, ero un giovane attore ed ero elettrizzato”. Michel Piccoli invece lo conobbe nel suo primo film in assoluto, Il generale dell’armata morta: “Mi tremava talmente la mano che Mastroianni dovette tenermi fermo il braccio restando fuori campo”.

Castellitto parla un francese simpatico e un po’ inventato con cui seduce ancor più la platea che già ha un debole per lui. Tutto vestito di bianco, con un’aria di studiato disordine così charmant. Ha portato un super8 girato da Felice Farina, dove recita il monologo del “Mentitore” di Cocteau in una Roma di fine anni ’70, deserta, estiva e straniante. Nel film compare anche suo padre, che imbuca una lettera nella cassetta postale. “In quel cortometraggio ci sono le mie origini, il mio DNA. Detesto le vocazioni in generale, sono diventato attore per caso, perché un amico mi propose di andare all’Accademia d’arte drammatica… se fosse stato un giornalista o un brigatista avrei forse avuto un altro destino”. Come Mastroianni, spirito guida più volte evocato dalla conduttrice dell’incontro, Elizabeth Quin. “Marcello è stato determinante con la sua dolcezza. L’avrò incontrato tre o quattro volte, una volta al semaforo su via Flaminia. Io ero in bicicletta, lui in macchina, ci siamo detti soltanto ciao. Era forse più complicato di quello che mostrava”. Passa un breve spezzone della Dolce vita, film che qualcuno qui in Francia considera la Palma delle Palme, il migliore di tutti, e Sergio commenta: “On se refait les yeux, ti rifai gli occhi”. Poi spiega ancora che per un attore italiano conta la rappresentazione, non l’immedesimarsi all’americana. “Non credo che un attore che piange veramente sia meglio di uno che finge”.
Ha ricordi teneri e divertiti di tutte le tappe della sua carriera, compresi gli insuccessi. A teatro – dice – ha imparato a prendere l’energia dell’altro, come nelle arti marziali. “Parto sempre dal corpo. Il gesto più intelligente per un attore, quando recita, è non pensare. Mi interessa anche la cartella clinica del personaggio, se soffre di fegato avrà un certo comportamento”. Recita con un misto di superbia e umiltà, ma non ha mai rifiutato un film sulla base della sceneggiatura. “Quando ho letto quelle di Bellocchio, L’ora di religione e poi Il regista di matrimoni, non ci ho capito niente, mentre Marco Ferreri, per La carne, mi prendeva in giro dicendomi che non era pronta o che avrei recitato con dei serpenti. Quando ho detto no a qualcosa è stato più che altro perché mi sarei sentito in imbarazzo a farlo vedere ai miei figli”. E in seconda fila c’è seduta proprio la figlia Maria, che l’ha accompagnato qui a Cannes.

In Francia lo vogliono quasi quanto in Italia, registi come Luc Besson, Jacques Rivette, Arthur Joffé. “Rivette è un uomo che dice sempre ‘non lo so’, ma è un atteggiamento etico più che reale. Bellocchio racconta la società attraverso uno sguardo alto, simbolico”. Non si sente parte di una generazione, non ha visto Il Caimano, non si considera vicino a Benigni o Moretti, che hanno in comune l’essere attori-registi. “In Italia, ognuno va per conto suo, ognuno gareggia da solo, anche se adesso è nato questo movimento dei Centoautori”. Lui è diventato regista con lo sfortunato Libero Burro e poi ha replicato con il romanzo di sua moglie Margaret, Non ti muovere. Successone, molto amato anche in Francia dove s’intitolava A coeur perdu. “Il film è piaciuto anche alla critica, però in generale c’è diffidenza verso il successo”, dice subito dopo le immagini di Penelope Cruz.
Oggi per la Francia è anche il giorno dell’insediamento di Sarkozy. E allora Sergio prende un’aria ingenua: “Ho un aneddoto su di lui. Posso raccontarlo? Sì, siamo in democrazia… Il suo sito, diversamente da quello tristissimo di Madame Royal, sembra Canale 5 e il suo comizio online, quando scandisce ‘si vous le voulez!’ sembra quello di un attore. Del resto politici e attori sono uguali: immaginano un mondo irreale e ce lo fanno credere”.

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17 Maggio 2007

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