Carlo Verdone: “Vita da Carlo è la mia ultima serie, ora torno al cinema”

"Vita da Carlo è la mia ultima serie tv. Ora ho bisogno di tornare al cinema", lo annuncia Carlo Verdone, durante la presentazione di Italian Global Series Festival, il festival della serialità, in programma a Riccione e Rimini dal 21 al 28 giugno


Vita da Carlo è la mia ultima serie tv. Ora ho bisogno di tornare al cinema”, lo annuncia Carlo Verdone, durante la presentazione di Italian Global Series Festival, il festival della serialità, in programma a Riccione e Rimini dal 21 al 28 giugno. “Dopo 4 anni e quattro stagioni della serie, sto montando l’ultima stagione – aggiunge Verdone – adesso il mio prossimo progetto è un film”.

Verdone, testimonial della rassegna, che gli attribuirà l’Excellence Award, lancia un’analisi sul rapporto tra cinema e serie tv: “Le serie possono essere più avvincenti, le tante puntate danno la possibilità di avere tanti colpi di scena, di approfondire di più i personaggi e quando scrivi hai più libertà – spiega – Ma la cosa complicata è riuscire a mantenere la stessa tensione, puntata dopo puntata, che ti fa arrivare alla fine. Quella è la difficoltà, ma direi che io ci sono entrato bene”.

Di Vita da Carlo racconta: “E’ nata nel momento del Covid quando le sale erano tragicamente vuote. Aurelio De Laurentiis mi disse di buttarmi sulla serialità e mi chiese di cominciare a vedere qualche serie tv. Ne ho trovate alcune di grande qualità. Poi a qualcuno venne l’idea che io raccontassi la mia vita, che è davvero una vita di inferno tra mille telefonate e contrattempi. Avevo già scritto due libri autobiografici e c’era tanto materiale. Abbiamo romanzato, cambiato tante cose, trovando temi divertenti, poetici, drammatici, malinconici. Insieme a Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni abbiamo buttato giù il soggetto, quindi abbiamo tracciato un’autostrada. La serie ha avuto successo perché è ben scritta e ha un ottimo cast con tante scoperte da Caterina De Angelis a Antonio Bannò, con una grande attrice teatrale come Maria Paiato nel ruolo della mia governante, ma ogni ruolo è azzeccato. Però per me è stata durissima, ho imparato a memoria 1.250 pagine di sceneggiatura, col timore di avere un’amnesia totale. Nella quarta stagione insegno regia al Centro Sperimentale e ho come rivale Sergio Rubini che insegna recitazione e che mi odia perché l’ho tagliato in alcune scene di Al lupo al lupo. Poi nelle ultime due settimane di riprese avevo addirittura la polmonite e si sente solo un rantolo asmatico, il medico mi aveva proprio proibito di andare sul set”.

Quanto alla provocazione di Liliana Cavani (i registi non fanno le serie), riflette: “Sono preoccupazione legittime, ma forse esagerate. La gente è tornata ormai al cinema per film come Follemente, anche i film al femminile vanno molto bene, Valeria Golino ha fatto una serie splendida, elegante, con attori tutti giusti, anche Claudia Gerini ha debuttato come regista. Molto dipende dalla bontà del film, se è noioso non funziona, se è buono ha il passaparola positivo. Come è accaduto con C’è ancora domani, un signor film che sta avendo successo anche a Pechino. Io mi sono sempre dato da fare per le sale abbandonate, anche se ci devono pensare i distributori e gli esercenti, ma non vedo drammi spaventosi all’orizzonte”.

A chi gli chiede se gli abbiano proposto di fare la guest star in qualche grande produzione internazionale, risponde: “Sì, due volte, ma non potevo perché ero sotto contratto con Filmauro e Paramount. Poi il mio inglese è molto scolastico, ma alla fine questi prodotti non sono stati grandi successi e non sono pentito di aver detto di no”.

Infine una nota sui doppiatori. “Hanno ragione loro. L’IA sarà un disastro. Ho visto dei film miei doppiati con l’Intelligenza Artificiale in inglese o in giapponese… Bisogna fare una grande battaglia per la qualità del film, che perde la sua anima e non appartiene più all’autore con l’Intelligenza Artificiale”.

 

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13 Marzo 2025

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