Cannes 78 ipnotizzata da Mascha Schilinski

Già considerato una delle sorprese del Festival di Cannes 'Sound of Falling' di Mascha Schilinski, acquistato per l'Italia da I Wonder Pictures


CANNES – Già da autorevoli critici viene considerato la sorpresa di questo Festival di Cannes, il film tedesco che ha aperto il concorso della 78ma edizione, Sound of Falling di Mascha Schilinski. Acquistato per l’Italia da I Wonder Pictures, si muove nel solco del cinema della crudeltà alla Michael Haneke (riferimento più diretto è Il nastro bianco, Palma d’oro nel 2009) ma con una sensibilità squisitamente femminile.

L’opera seconda della regista tedesca – classe 1984, già autrice di Die Tochter, presentato alla Berlinale in Perspektive Deutsches Kino – è un film abitato da presenze e fantasmi, che si muove tra le epoche seguendo le vicende di quattro giovani donne – Alma, Erika, Angelika e Lenka – che vivono in una fattoria remota nell’Altmark. La regione è destinata a diventare Germania dell’Est e dall’Ovest la separa solo il letto del fiume Elba dove si fa il bagno ma si può anche annegare per fuggire dai soldati sovietici). Molto è visto attraverso vetri, serrature e fessure, ad altezza di bambina. Molto è gioco perverso e raggelante, come la ragazza che si finge amputata o gli zoccoli della domestica inchiodati alla soglia per farla cadere.

“È forte il mio interesse per l’infanzia – ammette la regista, figlia d’arte – i bambini sentono cose che gli adulti non sanno verbalizzare, vedono il mondo senza pregiudizi”.

Ma qui l’infanzia non ha nulla di gioioso e intesse una danza macabra con la morte degna della tradizione del cinema nordico. C’è un senso di morte perennemente incombente, mentre le fotografie prendono vita e accompagnano il cambiare delle epoche e della tecnologia, dagli scatti immobili di inizio Novecento (in una foto di gruppo c’è anche una defunta a cui vengono cuciti gli occhi lasciandoli spalancati per simulare la vita) fino alle Polaroid degli anni ’70 (da cui si può fuggire lasciando una traccia di sé che sembra quella di un ectoplasma). Tutto questo anima le vicende di ragazze che sono costrette a confrontarsi con i propri destini. La grande storia – un ragazzo viene amputato per risparmiargli il fronte ma poi soffre le pene dell’inferno nell’arto fantasma – si mescola impercettibilmente alla piccola storia quotidiana che ha anch’essa le sue tragedie, le paure e un istinto suicida che scorre sottotraccia.

Al centro di tutto, personaggio ricorrente e piuttosto inquietante, è la più piccola di tutte, Alma (Hanna Heckt), con i suoi capelli color paglia e gli occhi attenti su tutto, che osserva la madre malata di stomaco, o forse solo perennemente nervosa, e le domestiche che soddisfano i piaceri dei maschi di casa, a volte volentieri a volte per costrizione, e tanto meglio se sono sterili.

La regista definisce il suo film, che è un’immersione ipnotica dentro una materia incandescente ma coagulata nella durata monstre di due ore e mezza, come un flusso di memoria e spiega come l’idea di compiere un lavoro sul ricordo sia nata proprio dal confronto con la cosceneggiatrice Louise Peter. Tutte appropriate le interpreti: Luise Heyer, Lena Urzendowsky, Claudia Geisler-Bading, Lea Drinda e Laeni Geiseler, oltre alla già citata Hanna Heckt.

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15 Maggio 2025

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