Non se l’aspettava proprio, questa candidatura all’Oscar, Antonella Cannarozzi che raggiungiamo tra una telefonata con Carla Fendi e un sms a Luca Guadagnino (è ancora a Los Angeles ed è ovviamente felicissimo per la notizia). “A differenza di costumiste come Milena Canonero, sempre candidata per film non italiani, io non ho mai lavorato all’estero. Io sono l’amore è un film italiano ed è un piccolo film, girato con una troupe ridotta, inoltre non è neppure in costume”.
Sorpresa, dunque. Ma il lavoro sugli abiti della famiglia Recchi, algida dinastia di industriali milanesi, era già saltato agli occhi di molti commentatori stranieri, dal “New Yorker” a “Dazed and Confused” che ne avevano parlato in queste settimane. Black Swan, altro forte candidato contemporaneo, non è entrato in questa prestigiosa cinquina, e gli altri titoli sono tutti d’epoca, da Alice in Wonderland (costumi di Colleen Atwood) a The Tempest (della grande Sandy Powell) fino al favorito The King’s Speech (Jenny Beavan). In effetti la candidatura di Antonella è una vittoria anche per il gusto sartoriale europeo. “Certamente, sia Fendi che Jill Sander, che ha contribuito specificamente all’immagine di Tilda Swinton, sono stati dei veri e propri sponsor del film. Non abbiamo usato creazioni del loro catalogo, ma abbiamo lavorato insieme, come si faceva una volta, costruendo tutti gli abiti su misura con una ricerca di colori, situazioni e personaggi”.
Spesso ispirandosi alla pittura, per esempio per il vestito che Tilda indossa alla morte del figlio e che è un omaggio alla pittrice ucraina Sonia Delaunay e più in generale al costruttivismo russo, come russa è la moglie di Recchi nel film. Racconta ancora Antonella: “Luca in tutti i dettagli è maniacale. Nulla è lasciato al caso. Per il personaggio del cuoco di Edoardo Gabbriellini siamo stati a trovare vari chef in ristoranti da guida Michelin”. Per Tilda Swinton, certamente una delle donne più eleganti del mondo, c’è stata una grande collaborazione tra regista, costumista e attrice: “Lei è geniale, completamente a disposizione del ruolo ed era perfettamente sintonizzata sull’idea di Guadagnino”.
La candidatura suona anche come un risarcimento per la mancata segnalazione italiana del film all’Academy (su questo il regista ha già polemizzato). “E’ un grande riconoscimento per un film molto amato all’estero, meno in Italia. Ma questa è forse una nostra anomalia culturale, vediamo troppa televisione e poco cinema cinema. I film che piacciono a noi, fuori dai confini interessano meno e viceversa. E lo dico senza nulla togliere ad altri”. Prossimo impegno, Oscar a parte, lo spettacolo teatrale di Pippo Delbono “Dopo la battaglia”, che debutta a Catania il 22 marzo. “Al cinema, invece, sono disoccupata. Sconto come tanti una situazione drammatica in cui i progetti faticano a partire per mancanza di sostegno. Anche per questo la candidatura è importante”.
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