Gli appassionati di cinema asiatico sanno quanto è difficile reperire le tantissime perle che i prolifici cineasti delle scuole giapponesi, sudcoreane, cinesi e di Hong Kong sfornano da decenni. Nessuno si sarà stupito o indignato di non vedere distribuito in Italia, nel lontano 2000, il film d’esordio di un appena 30enne regista coreano del tutto sconosciuto. Peccato che quel regista si chiamasse Bong Joon-ho e nell’ultimo ventennio si sia imposto come il più influente cineasta del suo paese, soprattutto in seguito al successo senza precedenti per un film non in lingua inglese di Parasite del 2020, vincitore della Palma d’oro e di quattro premi Oscar, tra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior sceneggiatura originale.
Alla luce dei trionfi ottenuti non solo con Parasite e in vista del suo prossimo Mickey 17 (il secondo in lingua inglese dopo il cult Snowpiercer) con protagonista Robert Pattinson, quel debutto del lontano 2000 acquisisce subito un sapore diverso per i tanti che apprezzano lo stile cinematografico unico di Bong Joon-ho. Per questo, dal 27 aprile Cane che abbia non morde (titolo originale (플란다스의 개, lett. “Il cane delle Fiandre”) arriva per la prima volta nelle sale italiane distribuito da P.F.A. Films ed Emme Cinematografica.
Il film d’esordio del grande cineasta sarà proposto in lingua originale sottotitolato a un pubblico che dopo il proliferare di successi sudcoreani, uno su tutto la serie Squid Game, si è ormai abituato – forse anche assuefatto – a quei suoni apparentemente bislacchi, pieni di vocalizzazioni e variazioni tonali, difficilissimi da traslare per i parlanti occidentali, ma che rendono la recitazione degli attori originali un unicum imperdibile.
In linea con molte delle produzioni successive di Bong Joon-ho la trama di Cane che abbaia non morde è difficile da riassumere senza rovinare i piccoli colpi di scena e le soluzioni improbabili che l’autore trova per portare avanti le proprie storie. Il protagonista del film è Yoon-ju un ricercatore universitario che vive con la moglie incinta in un piccolo appartamento di periferia. Frustrato dagli insuccessi professionali e da una vita alienante, senza libertà economica e apparenti motivi di felicità, la rabbia di Yoon-ju si riversa sui cani del quartiere, colpevoli di abbaiare in continuazione nonostante la loro presenza sia vietata dal regolamento condominiale. La storia del serial killer canino si lega a quella di Hyun-nam, bibliotecaria scapestrata e altrettanto alienata, che sogna un momento di celebrità diventando l’eroina che lo farà arrestare.
È un piacere rivedere in questo film dal basso budget tutte le caratteristiche che renderanno speciale in futuro il cinema di Bong Joon-ho. In primis la propensione verso il grottesco, con personaggi che stupiscono per la loro capacità di adattarsi al difficile contesto sociale sudcoreano, che tanto bene abbiamo imparato a conoscere nelle numerose produzioni viste negli ultimi anni. L’attacco alla società classista coreana così evidente in Parasite qui si esprime già con lucidità, grazie alla rappresentazione degli spazi incredibilmente angusti e malsani in cui i personaggi sono costretti a vivere, alla corruzione, all’inutile violenza e agli infiniti compromessi a cui si deve sottostare.
C’è poi la splendida capacità di fondere i generi che rende tanto piacevole e sorprendente la visione dei film di Bong Joon-ho. Una caratteristica rara da trovare in un regista alle prime armi, ma che in Cane che abbia non morde è già al massimo della sua espressione, non solo nella commistione tra dramma e commedia picaresca, ma negli inserimenti per nulla artificiosi di lunghe sequenze provenienti direttamente dal cinema horror e d’azione. Insomma, seppur priva delle possibilità produttive che abbiamo visto in tutti i film successivi di Bong Joon-ho, Cane che abbaia non morde è già un’opera cinematografica d’impatto. Il primo guaito di un autore, che già dal suo successivo Memorie di un assassino, imparerà ad abbaiare con forza per farsi sentire.
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