BELLARIA – Entra nel vivo il programma del BFF Industry, ciclo di incontri ospitato dal Bellaria Film Festival e realizzato con la collaborazione e il sostegno di Cinecittà sotto la direzione di Francesco Giai Via. I professionisti dell’audiovisivo si interrogano sul futuro del settore, dalle sfide del mercato contemporaneo alla strenua ricerca delle nuove storie per il cinema italiano. Proprio su quest’ultimo tema si è concentrato il talk con protagoniste Maura Delpero, fresca vincitrice del David di Donatello per Vermiglio, Valia Santella, tra le sceneggiatrici del premiato L’arte della gioia, e Annamaria Granatello, presidente e direttore artistico del Premio Solinas.
Delpero, autrice unica della sceneggiatura di Vermiglio, ha condiviso un racconto intimo e appassionato sul suo approccio alla regia e alla scrittura. “Un film nasce da un sentimento più che da un’idea”, spiega Delpero, invitando gli autori a mettere sempre davanti “un’urgenza emotiva”, anche quando il mercato sembra chiedere l’opposto. “Ho paura quando tutti parlano di idee. Il sentimento, come l’amore, è molto più indefinito, meno ‘pitchabile’, ovvero vendibile, ma è la chiave per un certo cinema, quello che interessa a me”. Così è nato Vermiglio, il cui successo dimostra che c’è ancora spazio per un cinema diverso, fuori dalle logiche degli algoritmi e comunque capace di incontrare il pubblico. “È cominciato tutto dalla morte di mio padre, da un vuoto personale. Di volta in volta cercavo di capire se questo progetto fosse solo una compensazione emotiva, se si sarebbe poi sostenuto da solo. Il cinema ci ha abituato al viaggio dell’eroe, che racconta l’epica di un singolo. Io sognavo un romanzo familiare, in cui la famiglia è come un organismo, in cui tutto è connesso e puoi affezionarti anche ai personaggi secondari”.
Delpero ha raccontato le difficoltà di realizzare un film così ambizioso, girato in meno di sei settimane, nella neve, con risorse limitate. “Se vuoi fare un certo tipo di cinema, devi decidere dove stare e fare sacrifici”, ha ammesso, sottolineando l’importanza di esperienze come il Torino Film Lab, che l’hanno aiutata a imparare a comunicare i progetti all’industria senza tradire la sua visione. La regista ha anche riflettuto sull’universalità delle storie locali: “Raccontare di mia nonna a Vermiglio a una collega messicana o asiatica mi ha fatto capire dove il localismo diventa un limite e dove, invece, diventa universale”.
Riferendosi alla sfida di raccontare la contemporaneità, Delpero ha espresso scetticismo verso un’agenda imposta dall’esterno. “Non credo si debba seguire un’agenda. Dobbiamo metterci in ascolto di ciò che accade dentro e fuori di noi, cogliendo lo zeitgeist senza forzature”. La sua formazione filologica e l’esperienza nel documentario emergono nel suo metodo: i dialoghi, pur scritti con precisione, nascono da un ascolto attento delle persone e dei luoghi, mentre la pittura e la letteratura – da Olmi ai grandi affreschi contadini – sono stati riferimenti costanti.
Delpero è stata finalista del Premio Solinas, che quest’anno celebra 40 anni di storia. Un vero e proprio osservatorio sulla scrittura per il cinema italiano. Annamaria Granatello ha sottolineato l’importanza di valorizzare la figura dello sceneggiatore, un’eredità del fondatore Franco Solinas. “Cerchiamo di creare le condizioni per far emergere il talento, rispettando la qualità delle storie e costruendo ponti con il mercato”, ha spiegato.
Il processo di selezione anonima, che coinvolge 70-80 giurati tra registi, sceneggiatori e produttori, garantisce un’attenzione esclusiva alla voce autoriale e alla qualità. “Non abbiamo una linea editoriale, ma un cuore aperto e uno sguardo largo per lasciarci stupire”, ha aggiunto Granatello, evidenziando i valori di rispetto, libertà e ascolto che guidano il premio.
La sceneggiatrice Valia Santella ha quindi offerto una prospettiva complementare, insistendo sull’importanza della ricerca come fondamento della scrittura. “Le idee non vengono dal nulla, ma dall’osservazione del reale, dalle persone, dai libri, dalla pittura”, ha affermato, raccontando il lavoro preparatorio per Ariaferma di Leonardo Di Costanzo, che ha richiesto mesi di esplorazione. Santella descrive il ruolo dello sceneggiatore come “maieutico”, un complice che aiuta il regista a trovare la propria visione, anche attraverso il confronto, a volte conflittuale. “In questi giorni sto lavorando con Moretti e quando sto zitta troppo a lungo mi guarda e mi dice ‘Non sei d’accordo, vero?’. A volte, la solitudine del regista è una condanna”.
Il film coprodotto e distribuito da Luce Cinecittà vince come miglior film italiano alla 43ma edizione della kermesse conclusasi l'11 maggio con un incremento di presenze e accrediti
Dopo un anno intenso, tra Berlino, Venezia e il red carpet dei David, l’attrice torinese si racconta al Bellaria Film Festival: la scoperta del set, la sindrome dell’impostore, il sogno del teatro e il legame con la sua generazione
Al Bellaria Film Festival, il Conservatore del CSC - Cineteca Nazionale annuncia l’arrivo dei primi spazi di proiezione gestiti dal più importante archivio cinematografico italiano
Dopo l'anteprima nazionale al Bellaria Film Festival, il film con Luca Marinelli arriva in sala dal 15 maggio con Vision Distribution. L'intervista alla regista e alle interpreti Juli Grabenhenrich e Gaia Rinaldi