Arrivederci Ahmadinejad


CANNES. Il suo reato è quello d’opinione, della libertà delle idee, per questa ragione il regista iraniano Mohammad Rasoulof è stato condannato, come il suo più noto collega iraniano Jafar Panahi, a sei anni di prigione e a venti d’interdizione dal lavoro artistico, oltre al divieto lasciare la Repubblica islamica di Ahmadinejad. Attualmente entrambi sono agli arresti domiciliari in attesa della sentenza d’appello, ma con caparbietà continuano la loro battaglia per i diritti civili e politici.

 

Così la protesta e la denuncia del 38enne Rasoulof arriva nella sezione Un Certain Regard con il suo ultimo lavoro Arrivederci, protagonista una giovane avvocatessa incinta cui è stato impedito di esercitare la professione, con il ritiro della licenza da parte delle autorità. La donna vive da sola, dopo che il marito giornalista, oppositore politico, ha scelto la clandestinità per evitare l’arresto. In un paese dove la libertà è quotidianamente calpestata, le giornate sono vissute dalla protagonista nell’alternarsi di scelte dolorose, in attesa di un passaporto che tra mille complicazioni burocratiche non arriva. Andarsene via dall’Iran – “meglio essere straniera all’estero che sentirsi straniea in patria”- e così avere un futuro per sé e la bimba, oppure decidere per l’aborto, ma per il ricovero in un ospedale occorre l’autorizzazione del marito, così come per prenotare una stanza in un albergo è necessaria la presenza del coniuge. Solo il denaro, consegnato come fosse una lauta mancia e che più volte ritorna nel film, supera i divieti e forse fa miracoli.

 

E’ il dramma, raccontato in modo essenziale, con inquadrature fisse e in presa diretta, di una donna che non si arrende, che subisce perquisizioni e interrogatori illegali, senza la presenza di avvocati difensori, da parte di poliziotti in borghese.
Non a caso la vicenda è ambientata in interni cupi e oppressivi, privi di colori, come quel cielo grigio di Teheran dove vediamo gli aerei atterrare e decollare nel vicino aeroporto Khomeini, una presenza costante con il rombo possente dei loro motori. E poi uffici dove si aspetta di invano di essere ricevuti, porte che si aprono e si chiudono su stanze nelle quali è deciso il destino di permessi, autorizzazioni e documenti che il singolo cittadino richiede.
Il film Arrivederci, alla presenza del direttore del Festival Thierry Frémaux, è stato accompagnato in sala dalla moglie di Rasoulof e dal cast che l’hanno dedicato a tutti i prigionieri politici iraniani.

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