ANDREA OCCHIPINTI


A dieci anni dalla morte il Festival di Locarno omaggia Franco Brusati, regista e sceneggiatore “straniero in patria”, un alieno come l’immigrato italiano di Pane e cioccolata, il suo film più noto. L’8 agosto la proiezione della pellicola con Nino Manfredi sarà arricchita dalla presentazione di Il castello disincantato, la monografia curata dal produttore Andrea Occhipinti per i Quaderni della Fondazione Cineteca Italiana editi da Il Castoro. In uscita il 23 settembre, raccoglie soprattutto interventi di Brusati, interviste a Iaia Fiastri e Mariangela Melato, saggi di Giorgio Gosetti e Luigi Boledi che ripercorrono un’anomala carriera cominciata nel 1948 come assistente alla regia di Renato Castellani sul set di Sotto il sole di Roma. Nel volume anche una dettagliata filmografia e un ricco apparato iconografico.

Raccontaci la genesi del libro.
E’ nato dalla mia collaborazione con la Cineteca di Milano a cui ho donato tutti i materiali su Franco in mio possesso: sceneggiature, fotografie, lettere, articoli. Abbiamo scelto di dar voce a Brusati quasi come in un lungo monologo. Ad esempio attraverso le numerose interviste in cui torna ossessivamente su temi a lui cari: la sua visione del cinema, l’avventura hollywoodiana, la scrittura cinematografica.

Da dove viene il titolo?
Da un articolo pubblicato da Brusati su un quotidiano. Parlava di come l’incanto per il cinema vissuto in giovinezza si sia trasformato in disincanto di fronte alle difficoltà produttive.

Quando hai conosciuto Brusati?
Pane e cioccolata Dopo la regia di Pane e cioccolata, mentre viveva il successo francese del film e la candidatura agli Oscar di Dimenticare Venezia, pellicola del 1978. Non era legato a nessuna scuola, a nessun genere e a nessun clan, né alla commedia né al cinema politico. I suoi film sono tutti molto diversi: dalla commedia sofisticata di Tenderly a Tulipani di Haarlem. Forse il suo tratto più forte del suo cinema è la mescolanza tra dolce e amaro, ironia e durezza. Soprattutto, il rigore che lo rendeva un fustigatore della corruzione, del lassismo, della mancanza di etica. In questo senso ha anticipato il presente. Il successo fine a se stesso non lo interessava, così spesso ha rifiutato film come Il vizietto. Voleva lasciare un segno e ci è riuscito ma oggi è un po’ dimenticato, alcuni suoi film non hanno neppure una versione home video.

Che valutazione dai di “Pane e cioccolata”?
Pane e cioccolata non rientra nella commedia all’italiana anche se ci si avvicina per la presenza di Manfredi. Ma il film raccontava la storia di un migrante, un uomo che non stava bene da nessuna parte. In fondo, una metafora della condizione esistenziale di Brusati che si identificava profondamente con quel personaggio.

Alla pubblicazione del libro seguiranno altre iniziative?
Sì. Dal 24 ottobre si aprirà a Milano una rassegna completa dei film di Brusati organizzata dalla Cineteca.

autore
14 Luglio 2003

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