ACEC – SdC , Giulio Base: “Il cinema come sacramento laico della prossimità”

Il convegno ‘Proiezioni future: tre idee - tra AI e creatività umana - per guardare con ottimismo allo sviluppo dell'esercizio cinematografico’ a Ciné n.14, promosso da ACEC - SdC e moderato dal presidente, don Gianluca Bernardini. Il Direttore del TFF tra gli ospiti


RICCIONE – “L’AI è una sfida e come ACEC ci rendiamo conto che dobbiamo abitare questo spazio, che chiede anche di essere governato, affinché la nostra attenzione all’umano non venga meno. L’AI può mettere a rischio questo nostro lavoro?”: queste le parole e l’interrogativo viatico di don Gianluca Bernardini, presidente ACEC-SdC, che ha presentato a Ciné n.14 un convegno sul tema Proiezioni future: tre idee – tra AI e creatività umana – per guardare con ottimismo allo sviluppo dell’esercizio cinematografico.

“180 sono i volontari delle Sale della comunità” presenti a Riccione, che subito il Sacerdote ringrazia, passando poi al vivo dell’incontro: tra i relatori sul palco delle Giornate Professionali di Riccione, Giulio Base (regista e direttore del Torino Film Festival), che dichiara subito di star per proporre un intervento con “spirito pionieristico”, e poi continua spiegando che “le mie riflessioni sono sopratutto umanistiche: proiezioni future, cioè immagini che si fanno luce, e promesse che si affacciano all’orizzonte, senza smettere di credere nel cinema come rito. Il mercato tiene, ma ci sono anche sale che chiudono, e parte del pubblico si disperde come sabbia tra le dita: tutti abbiamo tutto a portata di clic, eppure… credo ci sia speranza, perché l’ho visto accadere quel silenzio pieno, che unisce; sento che il cinema sia come un sacramento laico della prossimità, che esiste ancora”. Base, a questo punto del suo intervento, propone “tre proiezioni per guardare al domani con fiducia: la sala è un atto umano, di resistenza, rivoluzionario; nel buio, poi, siamo tutti uguali, la donna iraniana e il vecchio contadino, per questo vanno difese sale e festival, quali presidi di umanità. L’AI è un mezzo e non un fine, perché fine è la comunità: l’AI non è né un Dio né un demone, ma è uno strumento, che non può e non deve decidere per noi, non può creare prossimità vera, che invece nasce da emozioni che si contagiano. La terza riflessione è che la creatività umana sia l’ultima frontiera del sacro: ogni film è un atto di coraggio, un momento in cui un autore decide di mostrarsi nudo, vero, e la verità che arriva allo spettatore è un piccolo miracolo. Il cinema ci educa al dubbio e alla sete di senso dell’uomo. Il cinema può essere ancora una liturgia dell’incontro“.

Compagni “di palco” del regista e attore sono Carlo Rodomonti (head of Marketing & Innovation Rai Cinema e presidente Unione Editori e Creators Digitali ANICA) e Lucia Cereda (responsabile  Sviluppo Medusa Film), per cui: “a parte l’AI c’è un mondo di film e valori: come i film possono cambiare la società? Non so rispondere a questa domanda ma ci sono stati film che mi hanno plasmata, per esempio Un maggiolino tutto matto, oppure E.T., che mi ha insegnato che la diversità non sia un ostacolo, anzi possa essere una sfida. Oltre il personale, ci sono due parametri che hanno inciso su valori e diritti: il numero di spettatori, fondamentale come esercenti; e la durata di un film nel tempo, ci sono film con la forza di superare i decenni, così Divorzio all’italiana, Una giornata particolare, Indovina chi viene a cena?, e Kramer contro Kramer. Sono esempi personali ma anche film significativi perché hanno messo insieme temi forti e la capacità di un gusto del pubblico” e qui Cereda prende a prestito il concetto hitchcokiano di “tranche de gateau”. Oggi ci sono film che hanno una forte impronta civile, successi commerciali: quattro significativi sono l’esordio di Paola Cortellesi, C’è ancora domani; Io capitano di Matteo Garrone; Un mondo a parte di Riccardo Milani; e Il ragazzo dai pantaloni rosa. Questo per dire che oggi, come ieri, c’è spazio per queste storie: il pubblico ama storie di uomini e donne che lottano per i diritti personali e collettivi“.

Per Rodomonti, “in un mondo che ci abitua a vivere i contenuti da soli, davanti a uno schermo portatile, la sala cinematografica resta uno degli ultimi luoghi di condivisione autentica, dove l’esperienza culturale è anche esperienza umana. Non possiamo permetterci che la tecnologia, nata per connetterci, finisca per isolarci. I social creano bolle, gli algoritmi rinforzano solitudini. La sala, al contrario, ci riporta in una comunità, ci fa respirare insieme, ridere insieme, piangere insieme. È un gesto sociale e culturale, non solo commerciale. Le sale possono e devono essere luogo di relazioni, di socialità cercando di sfruttare e comprendere gli elementi del sistema mediatico attuale. Possono lavorare sull’ascolto del pubblico, sulla comprensione delle loro passioni ed usare la tecnologia in modo utile. Immaginare che un ragazzo possa lanciare una challenge cinematografica per riportare al cinema Il Padrino e che al raggiungimento di 100 persone si possa vedere il film in sala potrebbe essere un modo di favorire il coinvolgimento diretto delle comunità. Come anche aprire le sale – sporadicamente –  al mondo dei videogiochi, dei libri, della musica. Usare l’AI per ottimizzare processi e costi liberando tempo al personale per consigliare il pubblico, ascoltare i loro feedback. La vera innovazione è valorizzazione e costruire progetti di senso partendo dalle identità e dalle caratteristiche uniche non inseguendo la standardizzazione. In un’epoca stracolma di contenuti brevi ed anche superficiali la sala può ritagliarsi uno spazio unico”.

 

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02 Luglio 2025

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