4 mesi, 3 settimane e 2 giorni


E’ finora uno dei film più intensi e scioccanti del festival, il romeno Quattro mesi, tre settimane e due giorni. E non solo per il tema o perché si vede un feto quasi completamente formato gettato su un asciugamano nel bagno di un albergo e quindi nella discarica di un palazzone. Il regista, Cristian Mungiu, quasi quarantenne all’opera seconda, ha scelto uno stile secco, duro e un’estetica rigorosa per raccontare la storia di due studentesse nella Bucarest del 1987, al tramonto del regime di Ceausescu confermando la vitalità e l’intelligenza di un cinema romeno che sta crescendo a vista d’occhio e che recentemente ci ha dato titoli come La morte del signor Lazarescu di Cristi Puiu o A est di Bucarest di Corneliu Porumboiu.
“Nel 1966 – racconta il cineasta – l’aborto divenne illegale anche per dare una mano all’incremento demografico. Era considerato un atto di ribellione contro il regime e punito severamente, così in quegli anni sono morte 500.000 donne, mentre i privilegiati continuavano a praticarlo senza problemi”. Incontriamo così Otilia (Anamaria Marinca) e Gabita (Laura Vasiliu) nella loro squallida stanza della casa dello studente, in una sequenza iniziale che già ci precipita nel clima di precarietà di tutta la vicenda. Le due amiche si preparano a trasferirsi per un paio di giorni in un albergo dove andrà a trovarle un losco tizio che procura aborti clandestini con un sondino disinfettato a malapena. I soldi non bastano e l’uomo pretende una prestazione sessuale dall’altra ragazza che è poi costretta anche a liberarsi del feto cercando nella notte un luogo adatto, in una scena sempre più angosciante, quasi thriller. Ma l’intraprendente Otilia deve anche tenere a bada le insistenza del fidanzato che proprio quella sera vuole presentarla in famiglia in occasione del compleanno della madre.
Ne esce un ritratto a forti tinte della società di fine dittatura e una riflessione sulle scelte dei personaggi, ma non necessariamente un manifesto antiabortista. Su questo il regista non si pronuncia ma preferisce spiegare che “il film nasce da un’esperienza personale, di quelle che non è facile condividere con gli altri, anche se parlandone con altre persone mi sono sorpreso di quante storie taciute siano emerse”.
Quattro mesi è il primo film di una serie intitolata “Racconti dell’Età dell’Oro” e dedicata agli anni di Ceausescu raccontati in chiave di vita quotidiana. Tra i suoi produttori ci sono anche il Centro Nazionale Romeno della Cinematografia e il Fondo Hubert Bals.

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17 Maggio 2007

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