Centodieci anni fa, l’8 febbraio 1915, il cinema si affacciava sulla storia con il suo primo, controverso trionfo: Nascita di una nazione. Nella penombra della sala, mentre l’orchestra iniziava a suonare, sullo schermo compariva un messaggio di D.W. Griffith, il suo autore: “Questa è una rappresentazione storica della Guerra Civile e del periodo della Ricostruzione, senza alcuna intenzione di riflettere su razze o individui del presente”. La pellicola che stava per scorrere aveva un peso ben più profondo: le sue immagini avrebbero segnato le relazioni razziali in America per generazioni, con conseguenze che ancora oggi risuonano nel tessuto della società.
Nascita di una nazione non fu solo un’opera cinematografica rivoluzionaria, ma anche un’arma culturale che plasmò l’immaginario collettivo. Griffith, nato nel 1875 in Kentucky, considerato uno dei pionieri del linguaggio cinematografico moderno e figlio di un veterano confederato, fece un uso pionieristico del montaggio parallelo, alternando scene per intensificare la tensione narrativa e guidare emotivamente lo spettatore.
Le riprese in campo lungo conferivano al film un respiro epico, esaltando la spettacolarità delle battaglie e dei paesaggi sudisti. Inoltre, Griffith impiegò movimenti di macchina innovativi per l’epoca, come carrellate e primi piani intensi che enfatizzavano l’espressione degli attori e rafforzavano il coinvolgimento del pubblico. L’uso sapiente della profondità di campo e delle luci contribuì a creare immagini di grande impatto visivo, anticipando tecniche che sarebbero diventate fondamentali nel linguaggio cinematografico moderno. Con queste scelte stilistiche e narrative, Griffith innalzò il cinema a un nuovo livello artistico e narrativo, influenzando profondamente il cinema successivo.
Il regista, ossessionato dal realismo, fece costruire set enormi e utilizzò migliaia di comparse per dare un senso di grandiosità alle battaglie. Inoltre, molte delle scene furono girate in esterni, una pratica ancora poco diffusa all’epoca. Il regista si affidò anche all’uso di filtri colorati per evocare differenti atmosfere emotive nelle varie sequenze, come il rosso per le scene di battaglia e il blu per i momenti notturni. Un altro aspetto interessante riguarda il budget: inizialmente previsto intorno ai 40.000 dollari, il costo del film lievitò fino a oltre 100.000, una cifra straordinaria per il 1915 (che corrisponde a circa 3 milioni di dollari di oggi).
Un’altra curiosità riguarda la colonna sonora: sebbene il cinema fosse ancora muto, Griffith volle che il film fosse accompagnato da una partitura originale scritta appositamente per l’opera, anticipando il concetto di colonna sonora sinfonica. Infine, introdusse tecniche innovative nel modo di dirigere gli attori, richiedendo interpretazioni più naturalistiche rispetto allo stile teatrale enfatico tipico dell’epoca.
Purtroppo al di là dell’intrinseco valore tecnico e artistico, il film era intriso di una visione razzista che glorificava la Confederazione e demonizzava gli afroamericani, dipingendo il Ku Klux Klan come eroi redentori del Sud. La trama del film segue due famiglie, gli Stoneman del Nord e i Cameron del Sud, attraverso le vicende della Guerra Civile e della successiva Ricostruzione. Mentre i Cameron lottano per mantenere il loro stile di vita, il film ritrae gli afroamericani emancipati in modo stereotipato e degradante, rafforzando una visione distorta della storia.
Il cast era composto principalmente da attori bianchi, con Lillian Gish nel ruolo della protagonista femminile Elsie Stoneman e Henry B. Walthall nei panni di Ben Cameron, il “Cavaliere Ardente” del Ku Klux Klan. Per le parti dei personaggi afroamericani, Griffith ricorse all’uso del blackface, una scelta che contribuì ad alimentare la controversia sul film sin dalla sua uscita.
Il suo impatto fu immediato e dirompente. La pellicola suscitò un entusiasmo travolgente tra il pubblico bianco, che affollava le sale per assistere alla grandiosa epopea, ma provocò anche indignazione e proteste da parte delle comunità nere e degli attivisti per i diritti civili. Organizzazioni come la NAACP tentarono di bloccarne la distribuzione, denunciandone il contenuto apertamente discriminatorio e le sue pericolose conseguenze sociali.
Nonostante le critiche, Nascita di una nazione fu un successo commerciale senza precedenti. Incassò milioni di dollari, stabilendo nuovi standard per il mercato cinematografico e influenzando registi per decenni. La sua popolarità fu tale che il presidente Woodrow Wilson, dopo una proiezione alla Casa Bianca, avrebbe commentato che il film era “come scrivere la storia con la luce”. Questa legittimazione da parte di figure istituzionali non fece che rafforzarne l’influenza e contribuì alla rinascita del Ku Klux Klan, che utilizzò il film come strumento di propaganda e reclutamento.
A distanza di oltre un secolo, il lascito di Nascita di una nazione rimane complesso e controverso. Da un lato, è innegabile il suo ruolo nell’evoluzione del linguaggio cinematografico; dall’altro, la sua eredità razzista continua a essere oggetto di riflessione e dibattito. Molti studiosi del cinema considerano il film una lezione su come l’arte possa essere utilizzata per modellare la percezione della storia, dimostrando il potere del cinema non solo come intrattenimento, ma anche come strumento di costruzione (o distorsione) della memoria collettiva.
Negli anni successivi, il cinema avrebbe cercato di rispondere e contrastare il danno culturale inflitto da Griffith. Registi afroamericani come Oscar Micheaux si impegnarono nella produzione di film che offrissero una visione alternativa e autentica dell’esperienza nera in America. La sua opera più nota, Within Our Gates (1920), si presentava come un diretto contraltare a “Nascita di una nazione”, svelando le brutalità del razzismo e della supremazia bianca. Tuttavia, il cammino verso una rappresentazione più equa e inclusiva sarebbe stato lungo e tortuoso.
Lo stesso Griffith dopo il successo della sua opera, realizzò Intolerance (1916), nel tentativo di rispondere alle critiche ricevute. Nonostante il declino della sua fama negli anni successivi, la sua influenza sul cinema rimane indiscussa, lasciando un’eredità tecnica che ha plasmato l’industria cinematografica.
Oggi Nascita di una nazione resta un documento storico imprescindibile, da studiare con consapevolezza critica. Guardarlo significa confrontarsi con il doppio volto della storia del cinema: un’arte capace di elevare l’umanità, ma anche di perpetuare pregiudizi e discriminazioni. Ed è proprio in questa consapevolezza che risiede il vero potere del cinema: la capacità di interrogare il passato per comprendere meglio il presente.
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